UNA RIFORMA ELETTORALE REALMENTE INNOVATIVA – URGENTE E POSSIBILE

 

C’è un evento disastroso contro il quale sarebbe estremamente necessario ed urgente tutelare la democrazia italiana: la possibilità, cioè, che un qualsiasi incidente di percorso parlamentare del governo Monti – oltre tutto – obblighi gli italiani a tornare alle urne secondo le regole dalla famigerata legge “porcata”.

Nonostante il prevalente – e non credo sempre disinteressato – scetticismo sulla possibilità di riuscire a trovare in tempi rapidi un sostegno sufficientemente ampio nell’attuale Parlamento per una riforma elettorale condivisa, l’impresa sembrerebbe possibile se soltanto ci si decidesse ad abbandonare l’autarchia delle ricette tutte e solo concepite nel cortile di casa nostra, magari in termini di ripiego sul male minore, e venisse finalmente aperta la strada a soluzioni decisamente innovative ma già sperimentate con successo, ed in via di espansione, in altri paesi.

Mi riferisco al sistema uninominale a preferenze alternative, o graduate, o comunque si vogliano tradurre le dizioni di ranked preferences o di instant-runoff utilizzate nei paesi di lingua anglosassone che contano le esperienze più diffuse (elezioni parlamentari in Australia, elezione del Presidente dell’Irlanda, elezioni locali in Inghilterra e in diversi Stati degli USA, elezione del segretario del Labour Party britannico).

Secondo questo sistema l’elettore può indicare più di una preferenza per i candidati in lizza in ciascun collegio, ordinandole in ordine decrescente di gradimento. Se nella conta dei voti nessun candidato raggiunge il 50% + 1 delle prime preferenze, il candidato che ha ottenuto il minor numero di prime preferenze viene eliminato ma i voti espressi come seconda preferenza dai suoi elettori vengono conteggiati e attribuiti ai rispettivi candidati; se ancora nessuno dei candidati raggiunge il 50% + 1 dei voti, si reitera il processo fino a che un candidato avrà raggiunto la maggioranza assoluta (o almeno una consistente maggioranza relativa, a seconda delle varianti possibili del sistema).

Si tratta di un sistema che avrebbe notevoli vantaggi rispetto a quelli sinora sperimentati o dibattuti in Italia, e sul quale – con tutte le possibile varianti – è ampiamente agevole documentarsi in rete (a cominciare da wikipedia, in italiano e in inglese).

Innanzitutto esso darebbe maggior peso alle reali preferenze degli elettori, che potrebbero votare il candidato da loro preferito in assoluto sapendo, tuttavia, che il loro non sarà un voto destinato ad un valore di pura testimonianza, perché attraverso la 2^ preferenza potranno comunque incidere sul risultato finale effettivo. Si garantirebbe una maggiore libertà nel votare il candidato preferito in assoluto e si fornirebbero minori incentivi alla formazione di alleanze abborracciate soltanto  per sostenere candidati di compromesso comuni.

Al tempo stesso, verrebbero ridotte le possibilità che, alla fine, nel collegio uninominale risulti eletto il candidato che in realtà risulti il meno gradito alla maggioranza dell’elettorato.

Ciò potrebbe esercitare un effetto, per così dire, pedagogico nei riguardi degli elettori: incentivandoli, cioè, a pensare e decidere non soltanto in funzione degli esiti che in assoluto preferirebbero, pur valutandoli difficilmente raggiungibili, ma a ragionare anche in funzione di una scelta dei meno sgraditi  fra gli esiti più probabili.

Il sistema eliminerebbe la necessità dei ballottaggi e di una seconda chiamata Leggi il resto dell’articolo

SONDAGGI E FIBRILLAZIONI NEL PD

Fanno benissimo i dirigenti del PD a preoccuparsi di mettere a punto politiche e programmi che accrescano l’adeguatezza dell’iniziativa politica del partito alla situazione e, quindi, il consenso al partito nell’elettorato.

Non mi sembra però che contribuisca positivamente a questo impegno lo scatenarsi di fibrillazioni inconsulte a fronte delle cifre del sondaggio IPSOA pubblicizzate nell’ultima trasmissione di Ballarò. Il 26 ottobre il PD veniva favorito dal 24,2% degli intervistati (il PDL dal 29%): e siè gridato al crollo. Forse perché il 25 febbraio del 2010 si era registrato

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